Mafia e malaffare, ecco “l’agricoltura nera” della Sicilia a caccia di aiuti Ue
Terreni in mano alla mafia, ettari intestati ai morti: ecco l’agricoltura nera di Sicilia a caccia di aiuti Ue. Dopo il varo del protocollo che obbliga gli enti pubblici a chiedere la certificazione antimafia, scattano le revoche. La Corte dei conti alza il vero sulle truffe agricole. Due business illegali che puntano a mettere le mani su 4,4 miliardi di fondi europei
Da un lato in un anno sono ben seimila gli ettari di terreni pubblici revocati dai Comuni dell’Ennese e dei Nebrodi a mafiosi o prestanome dei clan che negli anni hanno incassato milioni di euro di fondi Europei. Dall’altro la Corte dei conti ha scoperto un boom di truffe, con agricoltori che prendevano contributi comunitari su terreni intestati a defunti o a persone che non li avevano mai ceduti. Ecco l’anima nera dell’agricoltura siciliana attratta da un fiume di risorse, pari a 4,4 miliardi di euro negli ultimi dieci anni. Ecco il bussines nero sul quale si sta alzando il velo.
I TERRENI IN MANO ALLA MAFIA
Il protocollo voluto dal presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, e firmato dalla prefettura di Messina e dal governatore Rosario Crocetta, che prevede l’obbligo della certificazione antimafia per poter gestire terreni pubblici anche di valore inferiore ai 150 mila euro e su questi chiedere contributi Ue, inizia a dare i suoi frutti: tra il 2015 e gennaio scorso sono stati revocati ben 6 mila ettari di terreni concessi dal Parco e da diversi Comuni, da Troina a Cesarò passando per Tortorici, solo per citarne alcuni. Tutti terreni affidati negli anni passati a mafiosi o prestanome e sui quali sono stati chiesti e incassati almeno 4 milioni di euro all’anno di contributi Ue negli ultimi dieci anni. Cifre da capogiro. «Soltanto a Cesarò sono stati revocati recentemente terreni a imprenditori del clan Triscari e Pruiti per 300 ettari, che di contributi valgono in otto anni 2,8 milioni di euro», dice Antoci. Le altre revoche delle certificazioni antimafia hanno riguardato imprenditori agricoli condannati per reati come l’associazione mafiosa e per legami con i più potenti clan mafiosi dell’Isola, quelli dei Bontempo Scavo, dei Conti Taguali, dei Santapola e dei clan “tortoriciani” e di Cesarò. «Ma in queste settimane stanno arrivando revoche da tutte le prefetture dell’Isola, dimostrando come il fenomeno della mafia rurale sia molto esteso e per anni sia stato fuori controllo », dice Antoci.