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IRVO, in 30 anni ha cambiato il volto della vitivinicoltura siciliana

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L’IRVO, Istituto Regionale del Vino e dell’Olio, ha recentemente spento 30 candeline. Il 2017, come gli ultimi 5, 7, forse 10 anni che l’hanno preceduto è un anno difficile, la crisi economica non ha lasciato tanto inventiva alla politica. Il denaro è una risorsa che manca nelle casse pubbliche e gli enti “dipendenti” ne stanno risentendo. Non è da meno l’IRVO. La premessa era d’obbligo, perchè le difficoltà degli ultimi anni non devono oscurare i tanti grandi traguardi raggiunti.

I trent’anni che hanno cambiato il volto della viticoltura e dell’enologia siciliana sono la naturale conseguenza di una crisi che proprio negli anni ottanta ha segnato il blocco del commercio di 4,5 milioni di ettolitri che dai porti navigavano verso altre regioni che dalla materia prima siciliana traevano carattere e colore per i propri vini. Trent’anni che hanno cambiato l’Italia del vino che, dopo lo scandalo del metanolo (1986), ha avuto uno scatto d’orgoglio che probabilmente resta il più efficace antidoto nei periodi di crisi.

E così la Sicilia con la sua viticoltura forte e profondamente radicata nel tessuto socio-economico ha scoperto la strada di un riscatto che spasimava dai tempi dell’Unità d’Italia e lo ha fatto con un coraggio e una determinazione che non hanno precedenti. E continua a farlo, scommettendo sul suo più storico prodotto identitario, il vino, e poi l’olio, il grano e via via fino ai prodotti tipici, la gastronomia, l’alimentazione ( la bibliografia storica vede in Sicilia la prima scuola di cucina nel IV° sec a.C., i latini dal I°a.C. al I° sec.d.C. parlano di cucina siciliana, ai quali in tempi più recenti si aggiunge la cucina del Gattopardo, del Duca Enrico Alliata etc.)

L’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio, si pone a partire dagli anni ’90, al servizio di un’idea che fa della qualità, del rispetto dell’ambiente e della salvaguardia della biodiversità, il punto di riferimento della Sicilia e del suo sistema di filiera, partendo dal lavoro agricolo, dalle campagne, dall’ospitalità, per arrivare ai mercati più prestigiosi dove impara a primeggiare divenendo via via un punto di forza per l’Italia intera, modello da tutti descritto e raccontato come simbolo della sostenibilità ambientale.

I progetti dell’IRVO, inizialmente mirati al riordino dell’assetto produttivo varietale, attraverso un lavoro congiunto tra i vigneti e la cantina sperimentale all’uopo realizzata in Sicilia, via via si affinano perché la qualità del vino diventa anche qualità dell’ambiente, fino a coinvolgere un modo di essere e a rappresentare l’enogastronomia come un vero e proprio stile di vita. Stile di vita, in greco “diata”, significa “modo di vivere”, e il modo di vivere siciliano piace.

Tutto il mondo produttivo e culturale contribuiscono a diffondere in Italia e nel mondo una nuova Sicilia, quella più vera e identitaria, scardinando il miope concetto di una terra dai vini grezzi e sostanzialmente “da taglio” e anche con l’aiuto dei nuovi media il mondo comincia a vedere e riconoscere un paesaggio e un’agricoltura straordinari: Noto, Mozia, Selinunte, l’Etna, Pantelleria, le isole Eolie etc. etc.; la potenza e la storia di un’isola che è la naturale culla della civiltà mediterranea. Parte un’onda di “appeal” eno-turistico, anche per l’apporto delle Strade del Vino e dei Sapori, che si sintonizza sulla realistica percezione di “giardino del Mediterraneo”, ricco come un “continente”, che fa letteralmente schizzare i numeri dei visitatori e con essi una forza sociale, un sistema organizzativo e un processo di crescita socio-economico mai visti prima.

E così dopo decenni di sperimentazione per l’ innovazione dell’ intero processo di filiera all’IRVO viene meritoriamente riconosciuto il titolo di Ente di ricerca della Regione Siciliana (L.R. n. 2 del 2007). Un lavoro che continua a impegnare un team di tecnici con svariate professionalità: agronomi, enologi, microbiologi e chimici che, grazie anche alle molteplici collaborazioni attivate con Enti, Università e Aziende, hanno permesso di rilanciare il settore enologico della Sicilia attraverso la diffusione di nuovi linguaggi, di un nuovo legame tra produzione e rappresentazione/ narrazione, che lentamente hanno contaminato i più svariati ambiti sociali, sdoganando quel discorso agricolo che prima ridondava su ste stesso, tra agronomi, produttori, aziende e associazioni di categoria. La società, la politica, i quotidiani, hanno cominciato a parlare di vino, di gastronomia, di alimentazione, di sogni, di opportunità per la Sicilia, i giovani, il lavoro.

In questo contesto l’IRVO scommette su un nuovo obiettivo strategico: ovvero la qualità è ormai un assunto culturale della società siciliana intera, un messaggio efficace quando va oltre confine ma che può correre il rischio dell’ autorenferenzialità. I mercati, soprattutto quelli legati al web, ai paesi lontani come gli Emirati, l’Asia, l’America, danno spazio e tempo in misura sempre più limitata, il mondo contemporaneo è sovraccarico di informazioni. Bisogna allora trovare qualcosa che sia efficace, smart, che in un logo, in un simbolo, possa racchiudere il senso e la potenza di questa infinità storia umana e produttiva che è la Sicilia del vino e dell’olio e che li leghi indissolubilmente alla qualità. Qualcosa capace di veicolare quell’abbondante lavoro di ricerca durato molti anni, costruito all’interno dei progetti europei, PSR principalmente, temi che nelle linee generali si possono così riassumere: longevità dei vini rossi e rosati, protocolli enologici innovativi per il mantenimento nel tempo degli aromi varietali, tecniche di spumantizzazione volte alla valorizzazione del patrimonio varietale siciliano attraverso lo studio della microbiologia, il riconoscimento dell’alberello di Pantelleria, prima pratica agricola nel mondo assunta a patrimonio dell’UNESCO .

In questi ambiti di ricerca si inseriscono anche i progetti che hanno trovato nella cooperazione internazionale un ulteriore motivo di ricaduta sul territorio; tra questi ricordiamo “Promed” (Protezione dell’ambiente attraverso la valorizzazione della vite) e “Vienergy” (Vigna energetica), entrambi finanziati con i fondi del PO FESR Italia Malta 2007/2013; altri imperniati sul trasferimento aziendale delle innovazioni di processo e di prodotto,  fra cui “Inoveno” (Innovazioni enologiche), “Avigere” (Viticoltura di precisione) finanzianti con le misure del PSR Sicilia 2007/13 ed “Innovazione di Processo e di Prodotto nella Filiera Vitivinicola Siciliana” con i fondi del PO FESR 2007/2013. L’IRVO aveva già iniziato, nel 2002, un utile lavoro di selezione di lieviti enologici. E i primi frutti si erano visti già nel 2006, anno in cui viene immesso sul mercato dei lieviti enologici (i cosiddetti LSA, lieviti secchi attivi) il primo ceppo di Saccharomyces cerevisiae isolato in Sicilia e specificamente selezionato per la fermentazione del Nero d’Avola. Dal 2007 l’IRVO ha selezionato una batteria completa di lieviti Saccharomyces di origine siciliana utili per la produzione di vini rossi e bianchi e di vini spumanti rifermentati in bottiglia, e di lieviti non-Saccharomyces, sempre di origine siciliana, utili per la produzione di vini rossi più morbidi e corposi e di vini bianchi più aromatici. Un costante obiettivo della ricerca è quello di produrre vini meno alcolici e con più glicerolo, composto naturale molto apprezzato nei vini rossi perché ritenuto responsabile della loro corposità e della loro morbidezza in bocca.

E in questo contesto che nasce l’ultima e più recente sfida dell’IRVO, ovvero l’assunzione delle certificazioni “Doc Sicilia” per le produzioni enologiche e della “IGP Sicilia” per le produzioni olearie.  L’IRVO investe così le sue risorse operative in questo grande e complesso obiettivo, i controlli per la certificazione della qualità che iniziano in campagna fino ad arrivare ai propri laboratori di analisi di Palermo e Marsala, alle commissioni di degustazione, ai rapporti con il Ministero. Una grossa mole di lavoro che produce un risultato di forte impatto comunicativo contenuto nell’immediatezza di un simbolo, un’attestazione di qualità che andrà sull’etichetta, un marchio vero e credibile, la nuova carta da giocare sul difficile e stimolante campo della concorrenza internazionale.

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